Omicidio di Pratoregio, le indagini sono in stallo
L'assassino ancora tra noi.
Una cosa è certa: l’assassino di Giusy Arena, chiunque sia, è stato così «bravo» da non fare errori macroscopici.
Omicidio di Pratoregio, le indagini sono in stallo
A più di due settimane dal delitto, i Carabinieri del Comando Provinciale di Torino stanno infatti ancora cercando di dare un nome ed un volto al killer della 52enne chivassese, freddata con tre colpi di pistola calibro 7.65 in un piazzale frequentato da coppiette e «ragazzi di vita» gay ai piedi di un ponte della Tav, alle porte di frazione Pratoregio di Chivasso.
Si analizzano telecamere, nella speranza che possano aver inquadrato Giusy e di conseguenza il suo assassino (quello in cui è stato rinvenuto il suo corpo è un luogo raggiungibile solo attraverso due strade, via Curie e via Orco), si passano al setaccio tabulati telefonici, anche se lei utilizzava un vecchio Nokia senza social o applicazioni di messaggistica, ma un punto fermo, stando alle scarne informazioni che trapelano dalla Procura della Repubblica di Ivrea, non è stato ancora messo.
Il giallo delle chiavi
Vi è poi un dettaglio, forse fino ad ora sottovalutato, legato alle chiavi rinvenute dai carabinieri accanto al cadavere di Giusy. Vero, non aprono la sua abitazione di via Togliatti 66, e nemmeno il garage o la cantina, ma potrebbero tranquillamente aprire un altro immobile in uso alla donna e ad oggi sconosciuto. Un segreto, così come erano in pochi a conoscere i dettagli di quello legato alla sua eredità, più di cento mila euro ora bloccati su un conto. Ora tutti la ricordano con affetto e commozione, ma quando era in vita, quanti tra i suoi vicini avevano davvero legami con lei? Quanti la aiutavano? E quanti invece cambiavano strada incrociando «Giusy la matta»?
Sconosciuto o amico?
Su una cosa tutti sembrano essere d’accordo: Giusy non si sarebbe mai allontanata con uno sconosciuto, soprattutto se «uomo». Non faceva entrare in casa nemmeno i vicini, e in caso di emergenza (il boiler in blocco, la luce staccata) chiedeva sempre una mano alle «mogli». Di conseguenza, è molto probabile che il killer sia una persona della sua cerchia, una persona «ancora tra noi».
La casa e i gatti
Una svolta potrebbe arrivare facendo l’inventario delle centinaia di scatole e borse che ammassava nella sua abitazione, oggetto di verifiche quasi quotidiane degli inquirenti a causa dei gatti non ancora recuperati.
Ieri, martedì 25 ottobre, l’ennesimo sopralluogo alla presenza dei Carabinieri della Stazione di Chivasso, dei Carabinieri Forestali di Volpiano, del personale dell’AslTo4 e dei volontari della sezione felina dell’ApaChi, che sono riusciti a recuperare altri due gatti. Il sospetto, visto la quantità di cibo mangiata in questi giorni, è che nell’alloggio vi siano numerosi altri animali.
«Abbiamo chiesto aiuto a persone che condividono la nostra stessa passione - ha spiegato Francesca Zacheo della sezione felina di ApaChi - ai volontari di "In punta di coda", che si occupano di gatti da anni, che hanno accesso al canile, e che sanno cosa fare, e come. E loro hanno risposto, e hanno aiutato noi, ma prima di tutto quei mici sradicati, fragili e bisognosi di cure. I volontari di “In punta di coda” operano fra Settimo e San Mauro e hanno attivato tutti i loro contatti per trovare uno stallo casalingo a tutti i micini già recuperati, benché fossero già, anche loro, ben più che al completo. E hanno fatto una sorta di miracolo: tutti i gatti di Giusi sono stati spostati in una casa, al caldo e in un contesto calmo e sereno; tutti sono già stati spulciati e sverminati, uno di loro ha qualche evidente problema di salute, tutti sono in cura per la rinotracheite, una è presumibilmente la mamma gatta di 3 o 4 dei cuccioli, e andrà sterilizzata e testata».
Ma quanti gatti vivono ancora in quell’appartamento? Al momento è impossibile dirlo, e solo «svuotandolo» si potrà scrivere una parola fine.
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