Omicidio Mirai, lo sfogo della vedova

«Vogliamo solo giustizia per mio marito».

Omicidio Mirai, lo sfogo della vedova
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«Vogliamo solo giustizia per mio marito». La voce è calma e composta, ma risoluta. Silvana Lentini, 63 anni, ha deciso di parlare per la prima volta dopo l’omicidio di suo marito, Assuntino Mirai, freddato a colpi di fucile sul piazzale della casa di famiglia in una frazione di Pinasca, aveva 66 anni.

L'omicidio

Assuntino Mirai, freddato a colpi di fucile sul piazzale della casa di famiglia in una frazione di Pinasca, aveva 66 anni. A sparare, il loro storico vicino di casa Stefano Barotto, 68 anni, «Lo conosciamo bene, da 37 anni, da quando siamo diventati vicini di casa in montagna», ricorda la vedova. «Un personaggio da sopportare e da supportare. Spesso pesante e invadente: ogni tanto se ne usciva con la sua passione per le armi, con atteggiamenti minacciosi, ma straparlava talmente tanto che ormai nessuno gli dava più retta». «Tino», la vittima, è morto per una lite per futili motivi iniziata poche ore prima e che ha avuto il suo culmine, drammatico, alle 17 circa di quel 18 ottobre 2019.

Il racconto

Quel giorno che resterà impresso nella memoria della famiglia Mirai, Assuntino e Silvana festeggiavano, in montagna, il 13° compleanno del nipote Michael che era con loro nei boschi di Pinasca. «Eravamo andati a raccogliere castagne con il bambino - ripercorre Silvana Lentini -. Ci siamo diretti a casa intorno alle 17 ed è stato in quel momento che ci siamo trovati di fronte Barotto. E’ sceso dalla macchina imbracciando un fucile e iniziando a minacciare». «Ho chiamato subito i carabinieri e, una volta chiuso il telefono mi ha guardata e mi ha chiesto se avessi chiesto il loro intervento. Alla mia risposta mi ha detto “Bene, allora adesso ti ammazzo”».
Tutto è successo in pochi istanti, con Assuntino che, di fronte a quella canna di fucile, insieme a un’altra persona, tentavano di dissuadere l’uomo dalle sue minacce di fronte anche al bambino che è corso a chiudersi in casa . «E’ partito il primo colpo - racconta la vedova -. E’ stato un attimo. Il proiettile ha colpito terra dopo aver attraversato i pantaloni di mio marito». Poi, una manciata di istanti dopo il secondo sparo. Quello mortale che ha colpito Assuntino alla testa e la fuga di Barotto. «Mio marito era a terra, ma subito non notavo ferite visibili. Gli ho tirato qualche schiaffetto per risvegliarlo, anche perché non avevo notato subito la ferita al capo. Poi, quando ho visto il suo cervello a terra ho capito che non c’era nulla da fare per salvarlo». Così, «Mentre io ero sul corpo di mio marito, coperto di sangue, lui è andato al bar a vantarsi di aver appena ucciso una persona, è assurdo». Poi la latitanza, durata un’intera notte, e che ha scatenato la caccia all’uomo con oltre settanta carabinieri impegnati nella ricerca tra boschi e posti di blocco. Poi l’arresto e il carcere.

«Deve restare in carcere»

A circa quattro mesi dal delitto che ha strappato Assuntino all’amore della moglie Silvana, delle figlie Eleonora e Federica, dell’amato nipote Michael, c’è una eventualità che fa perdere il sonno a tutta la famiglia. Che la difesa di Barotto possa chiedere la collocazione agli arresti domiciliari, una eventualità cui Silvana non vuole proprio pensare. «Quell’uomo ha ucciso mio marito, ha ucciso una persona». Non c’è possibilità di appello per Silvana Lentini: «Barotto deve scontare tutti gli anni di carcere che gli saranno attribuiti e trovo inconcepibile che possa essere collocato ai domiciliari».
Anche perché, sottolinea ancora Silvana, «per quale ragione devo rischiare di trovarmi di fronte, nella casa di Pinasca, l’uomo che ha ucciso mio marito? Perché per evitarlo dovrei essere io a vendere una casa di famiglia a cui eravamo legati?».
«Non so che cosa fare, so soltanto che ci appelleremo in tutti i modi perché questa circostanza non si realizzi. Dobbiamo morire tutti, ma così è assurdo: Barotto si faccia il suo carcere. Ha rovinato una famiglia e distrutto me e le mie figlie».

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