Panicunzatu, chiuso il bar del centro commerciale: dipendenti senza stipendi
Alcuni dipendenti si sono rivolti all’Ispettorato del Lavoro.
Delle vecchie insegne e dei vecchi arredi, nella galleria del «Bennet» di Chivasso, non è rimasto più nulla.
Parliamo di «Panicunzatu», quello che per tutti, sin dall’inaugurazione del centro commerciale quattro anni fa, non era altro che il bar interno, il luogo dove fare colazione, mangiare un panino o prendere un aperitivo.
Panicunzatu, chiuso il bar del centro commerciale: dipendenti senza stipendi
Pomposo lo slogan sul sito dell’azienda: «Panicunzatu è un format innovativo di ristorazione pensato da giovani Imprenditori siciliani, che credendo fermamente nelle potenzialità della loro terra vogliono esaltarne il gusto del tradizionale pane caldo farcito siciliano; è luogo del “buon pane”, della tradizione e dei sapori tipici siciliani. Il format si presenta come il connubio tra ambiente moderno e tradizionale che riprende le origini della “putìa” siciliana, dove il visitatore potrà scoprire il rapporto tra senso, gusto e cultura».
Belle parole, in grado di descrivere sì un sogno, ma non l’incubo in cui sono precipitati i cinque dipendenti rimasti senza stipendio già da mesi e da qualche settimana anche senza un impiego.
Il racconto dei dipendenti
«Ho lavorato per un anno da “Tosto”, il negozio davanti al bar - racconta Carmen - stessa proprietà, ma diversa ragione sociale, e poi sono passata a Panicunzatu diventandone responsabile.
Le cose non sono mai andate benissimo, principalmente per il mancato rispetto delle scadenze dei pagamenti: molti dipendenti si sono dimessi per questo motivo, ed era difficile anche trovare personale perché si era sparsa la voce. I ragazzi, non non si presentavano nemmeno ai colloqui...
Negli ultimi tempi lo staff era di cinque persone, ma c’è stato un periodo in cui eravamo una decina tra cuochi, pizzaioli e baristi. Qualcuno ha fatto una vertenza sindacale, altri hanno avuto problemi con il piano di rientro...».
«A me - interviene Veronica - hanno proposto un piano di rientro chiedendomi di quanti mesi fosse l’arretrato: loro pensavano solo giugno, invece io non vedo nulla da marzo, senza contare il TFR.
Il mio primo contratto l’ho firmato il 16 novembre del 2021, con scadenza a febbraio, poi a marzo me ne hanno fatto un secondo con scadenza ad agosto e un’altra ragione sociale».
«Il primo a cadere - spiega ancora Veronica - è stato Tosto: aprivamo comunque la cassa al mattino, ma lì non c’era nessuno. Se si fermavano dei clienti, li chiamavamo e li facevamo venire da noi al bar di fronte. Quando hanno staccato la corrente al bar, da Panicunzatu, per 10 giorni, ci siamo trasferite da Tosto per poter lavorare, mentre quando i fornitori hanno iniziato a non consegnare più la merce la situazione è precipitata. Pagavamo alcuni prodotti in contanti per avere qualcosa da dare ai clienti, e il bere lo compravamo direttamente al “Bennet” e quindi con margini bassissimi».
La decisione di chiudere
«Essendo la responsabile del negozio - prosegue Carmen - non ufficialmente mercoledì 6 luglio mi hanno detto che avremmo chiuso lunedì 11, proponendomi un trasferimento presso la sede di Mondojuve, a Vinovo, ma io ho rifiutato perché anche solo i costi di trasporto sarebbero stati troppo elevati. Mi hanno anche invitata a non dire nulla ai dipendenti, perché avrebbero comunicato loro la decisione.
Il sabato, non avendo avuto alcun rimando dai ragazzi, ho chiamato io per sapere come dire ai dipendenti di non venire lunedì. La risposta: “La proprietà ha cambiato idea e tiene aperto”, di conseguenza non ho più detto nulla e ho dato i turni anche a chi sarebbe rientrato dalle ferie.
Domenica sera, dopo una lunga riflessione, ho scritto in chat dicendo ai ragazzi che avrei dato le dimissioni. Subito dopo si è dimessa anche Veronica.
Durante il Covid siamo rimasti chiusi e non ho ricevuto lo stipendio per sei mesi, ma ora stavamo lavorando, e anche bene...».
Poi, cosa è successo...
«Lunedì mattina due ragazzi si sono presentati al bar, e nel mentre io ho ricevuto la telefonata del direttore che mi ha detto di comunicare loro di fare la chiusura cassa, mettere i soldi in una busta e darli a un loro delegato. Da quel momento bar chiuso, nessun messaggio di fine contratto, nessuna mail, nulla.
Dall’ultima telefonata di lunedì 11 luglio ho continuato a chiamare per sapere quando avrei avuto i miei soldi, ho mandato anche messaggi, visualizzati, e da quando ho chiesto se avessi dovuto rivolgermi a un legale, silenzio assoluto».
«Le buste paga non le vediamo da mesi - concludono le due ragazze - lo stipendio di febbraio ci è stato dato a rate con acconti di 100 euro... Hanno smontato tutto nel giro di tre giorni, eppure l’attività girava bene, non è un problema di fatturato...».
Nella speranza di poter avere i propri soldi, alcuni dipendenti si sono rivolti all’Ispettorato del Lavoro.
Impossibile rintracciare i referenti dell’azienda
Anche se il periodo pre vacanziero non è dei migliori, sembra impossibile che i nostri quasi infiniti tentativi di parlare con qualche referente di «Panicunzatu» (realtà di una galassia ben più ampia) siano caduti tutti nel vuoto.
Ai vari numeri trovati in rete o non risponde nessuno (al mattino un nastro registrato chiede di chiamare al pomeriggio, al pomeriggio «L’operatore è assente») o la linea cade al primo squillo, e persino l’utenza della sede centrale di via Galileo Galilei, a Misterbianco (Catania) sembra essere errata: ci ha risposto sì un’impiegata, ma di una società che sembra non aver legami con la «Food Group Service Srl».
Ed è proprio dalla «FGS» che siamo partiti in questa caccia al tesoro, dato che sul sito sono ben visibili i loghi di Panicunzatu e di altre realtà del gruppo, che, si legge «Opera principalmente nelle food court dei centri commerciali, aeroporti, autostrade, metropolitane, stazioni ferroviarie, luoghi di cultura e cinema. Controlla direttamente o in franchising tutti i punti vendita operando con un portfolio composito per singolo segmento di mercato. Tra i marchi gestiti si annoverano tra gli altri Panicunzatu, Tr**, Se**, M**, Tosto, Mo**, Ch**. Grazie al periodo di forte espansione nel 2018 diventa licenziataria del Marchio K** e nel 2019 stringe una partnership con il Gruppo Q** e con il franchisor di Tosto e Mo**». Tutto torna, almeno da questo punto di vista.
Su un altro sito, (fgs.restaurant - sempre con il logo di Panicunzatu in bella vista) si può trovare un altro numero di telefono, ma a rispondere è la segreteria telefonica di un’ennesima società... E anche all’unico cellulare rintracciato risponde un uomo che afferma di non avere alcun legame con «Panicunzatu». Eppure, il suo nome, le dipendenti lo conoscono bene...
A questo punto, preso atto dell’impossibilità di avere un interlocutore diretto, non resta che metterci come sempre a disposizione delle eventuali persone o società interessate ad un replica.