Per sfuggire alle botte del compagno si era rifugiata tra le auto parcheggiate

Vittima una giovane donna residente a Castiglione

Per sfuggire alle botte del compagno si era rifugiata tra le auto parcheggiate
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Vittima una giovane donna residente a Castiglione

Battute finali per la vicenda giudiziaria di stalking che ha avuto come scenario un appartamento di Castiglione e per la quale a breve verrà pronunciata la sentenza di primo grado. Nell'ultima udienza che si è svolta lunedì 12 dicembre nell’aula di giustizia del tribunale di Ivrea, è stata ascoltata la vittima delle violenze, fisiche e psicologiche, che ha dato la sua versione dei fatti, raccontando anche il suo presente. «Sto facendo un lungo percorso di analisi per riprendere in mano la mia vita e quella delle mie bambine - ha spiegato in aula-. Solo dopo l'ultima aggressione che ho subito, mi sono resa conto di essere totalmente succube al punto da contravvenire ai precetti del giudice. Ammetto di aver incontrato il mio ex compagno anche quando lo stesso era sottoposto al divieto di avvicinamento». «L'ho fatto per un unico motivo - ha continuato -, perché lui è il padre delle mie bambine e volevo con loro continuasse ad avere un ruolo in quella che era la nostra famiglia. Mi telefonò è mi disse di volermi incontrare per dare le calze della befana alle piccole. All'incontro ci andai sola. Anche in quella occasione mi picchiò. Da allora non l'ho più visto, ci siamo scambiati messaggi per un po' io gli inviavo le foto delle bambine. Sono sei mesi che non abbiamo più alcun contatto».
Durante l'udienza sono stati ascoltati anche due carabinieri che hanno raccontato di essere stati chiamati dalla donna dopo essere fuggita di casa: «Abbiamo trovato la signora con una bambina di 8 anni nascosta tra le auto, faceva molto freddo e loro erano vestite con una tuta leggera. Le abbiamo invitate a venire in caserma. La donna aveva dei segni di violenza sul volto e lamentava male al costato. In quelle ore la bambina a cui avevamo consegnato dei fogli e delle matite colorate, ha disegnato la sua famiglia in modo strano, da un lato ha messo l’imputato e dall’altro la mamma con le sorelline. Ci ha colpito ed abbiamo deciso di far avere il disegno al magistrato. Al mattino successivo l'abbiamo accompagnata in casa a prendere i vestiti, siamo andati anche noi perché sapevamo che all'interno c'era anche il compagno che probabilmente non avrebbe reagito bene nel vederla. Qualche giorno dopo la signora e le sue bambine sono state portate in una struttura protetta dove tutt'ora vive».

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