Il caso

PFAS, cresce l'allarme per le "sostanze eterne"

L’amministrazione comunale di Chivasso riserva massima attenzione al tema, ma servono leggi e fondi. Il punto con l'assessore Debernardi.

PFAS, cresce l'allarme per le "sostanze eterne"
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I PFAS sono al centro di un dibattito politico. Abbiamo cercato di fare un po’ di chiarezza parlando con l’assessore all’ambiente, Fabrizio Debernardi.

Cosa sono i PFAS

Ha spiegato che i PFAS sono le sostanze alchiliche perfluorurate e polifluorurate, un gruppo di sostanze chimiche artificiali molto utilizzate per la loro capacità di rendere i prodotti impermeabili all’acqua e ai grassi. «Sono note come ”sostanze chimiche permanenti o eterne”, in quanto sono estremamente resistenti e persistenti nell’ambiente. Hanno una spiccata capacità di accumularsi negli organismi viventi per lungo tempo.

L’esposizione dell’uomo ai PFAS avviene principalmente per via alimentare, cibo e acqua, per inalazione e ingestione di polveri, una volta che queste sostanze si diffondono nell’ambiente, entrano nella catena alimentare attraverso il suolo, la vegetazione e le coltivazioni, gli animali e quindi gli alimenti». Una esposizione prolungata a queste sostanze può provocare effetti negativi sulla salute umana. I PFAS reagiscono in modo particolare alle alte temperature e tendono a disperdersi nell’ambiente circostante. Il limite di legge è fissato in 0,1 microgrammi/litro. E’ fissato dall’unione Europea ed entrerà in vigore dal gennaio 2026».
E’ risaputo che fra le circa 12.000 sostanze chimiche che fanno parte dei cosiddetti PFAS, una attenzione particolare viene posta ai PFOA e PFOS, il primo già valutato come cancerogeno per l'uomo ed il secondo come possibilmente cancerogeno ».

I PFAS nel ciclo dell’acqua

Va fatta una distinzione in due aree distinte nelle quali è possibile registrare la presenza di PFAS.

PFAS in acque potabili, ovvero nelle acque che vengono normalmente trattate, depurate ed immesse in rete negli acquedotti cittadini.
I valori di riferimento per le acque potabili) sono: PFAS totale (µg/L) 0,50 - Somma PFAS (µg/L)b 0,10
Sottolinea Debernardi: «Gli unici dati sul totale dei Comuni analizzati, che segnano una presenza di PFAS si è registrata nei Comuni di Caselle e Candiolo, che evidenziano comunque valori ben al di sotto dei limiti di legge.
A Chivasso in particolare, dalle analisi pubblicate non risulta nessuna presenza di PFAS».

PFAS in acque reflue, ovvero in tutte le acque che vengono utilizzate dai cicli di produzione di aziende che usano i PFAS nei loro prodotti. Così come i PFAS che potenzialmente possono trovarsi nei percolati delle discariche, nelle quali c’è presenza di prodotti/rifiuti contenenti PFAS, così anche da scarti di produzione da cicli industriali e agricoli, in ultimo i PFAS che vengono introdotti negli scarichi dei nostri lavandini.

Il Piemonte è l’unica regione italiana ad aver disciplinato con proprio provvedimento legislativo l’emissione di tali sostanze in ambiente. La legge Regionale ha definito in anticipo i limiti di emissione negli scarichi in acque superficiali. Questa legge si applica a tutti i tipi di scarico, sia pubblici che privati. «Purtroppo questa legge Regionale - evidenzia l’assessore - non fa il paio con un provvedimento Governativo che è ancora di la da venire, creando così delle discrepanze legislative tra Regione e Regione e Regione Stato.
Smat società delle acque torinesi, gestisce il depuratore più grande d’Italia, quello di Castiglione Torinese, detto del Po/Sangone, il quinto d’Europa. Tuttavia questo impianto ad oggi non tratta né gestisce i PFAS proprio perché, come detto, ad oggi non esiste ancora una normativa di riferimento nazionale. A maggior ragione nemmeno il depuratore chivassese, sempre di Smat, è provvisto di un eventuale apparato tecnologico in grado di intrappolare i PFAS. Va detto che un eventuale impianto di cattura dei PFAS comporterebbe ad oggi un costo per il cittadino considerevole in quanto non esiste ancora una soluzione tecnicamente valida che possa processare enormi quantità di acque fluviali. Questo “adeguamento” tecnologico avverrà quando la legislazione metterà una tagliola su questo tipo di inquinante».

La situazione a Chivasso

Continua Debernardi: «Questo non significa che Chivasso sia esente da questo tipo di contaminazione, queste sostanze sono ormai nel ciclo di vita di ognuno di noi. L’attenzione del Comune su questa tematica è massima, consapevoli del fatto che questo fenomeno non è confinabile al territorio chivassese, ma coinvolge il Piemonte e tutte le aree industrializzate dell’Italia e oltre. A questo proposito siamo in costante relazione con gli enti proposti per avere aggiornamenti sull’andamento e sulla presenza di questi composti nelle nostre acque.
Sul nostro territorio esiste comunque un monitoraggio da anni che tutela i cittadini. SMAT dichiara di monitorare e controllare attivamente la presenza di PFAS nell'acqua distribuita nell'area metropolitana torinese. I risultati delle analisi dimostrano che l'acqua di rubinetto è sicura e rispetta tutti gli standard sanitari.
A partire dal 2018, SMAT ha attivato campagne di monitoraggio: i risultati ad oggi evidenziano che tutti i campioni già rispettano il valore di 0,1 microgrammi/l ed anzi, nella stragrande maggioranza dei Comuni monitorati, sono state riscontrate concentrazioni inferiori al limite.
Per completezza anche l’indagine svolta dalla associazione Greenpeace che in autonomia ha condotto una indagine sulla presenza di PFAS nelle acque potabili in una settantina di comuni del Piemonte, riporta un valore pari a zero di presenza di PFAS a Chivasso.

L'attenzione è massima

«Evidentemente questi dati non ci possono esimere nel mantenere massima l’attenzione, il Comune in sé non ha competenze specificamente tecniche perché demandate ad altri enti come ASL, Arpa, Smat e Regione Piemonte. Tuttavia la sinergia con questi enti e la proattività con essi può essere un ulteriore elemento di garanzia e sicurezza, sia per quanto riguarda le acque potabili che per quelle reflue».
Conclude: «Un cittadino nel suo piccolo nei confronti di questo problema può adottare alcuni comportamenti:
evitare l’uso di padelle antiaderenti e di spatole in silicone; ridurre o evitare il consumo di acqua in bottiglie di plastica, in borracce e imballi di cartone trattati con sostanze impermeabilizzanti; diminuire il consumo di carta forno, e pellicole monouso soprattutto in cicli ad alte temperature; evitare di usare insetticidi e erbicidi di sintesi; evitare l’uso di filo interdentale fluorato.
L’allarmismo è nocivo, inutile e non contribuisce a risolvere il problema, anzi, può addirittura aumentare il rischio di esposizione dei cittadini a queste sostanze.

Occorre invece muoversi come cittadini consapevoli e chiedere una legge innanzitutto nazionale che vieti l’uso dei PFAS nei prodotti alla fonte e quindi che non ne venga più immesso in ambiente. Parallelamente occorre una legislazione e soprattutto una grande quantità di fondi nei prossimi decenni per poter intercettare queste sostanze nell’ambiente».

PFAS negli oggetti di tutti i giorni

Di seguito alcuni prodotti di tutti i giorni nei quali normalmente o occasionalmente vengono utilizzati industrialmente i PFAS. Un esempio:
-Padelle antiaderenti
-Giacche impermeabili e abbigliamento outdoor
-Cosmetici
-Cibo contaminato
-Contenitori e imballaggi per alimenti; bottiglie, bicchieri, sacchetti, piatti ecc
-Tappeti e moquette
-Cartucce per stampanti e toner
-Strumenti da cucina in teflon
-Carta forno e pellicole
-Imbottiture di mobili e materassi
-Schiume antincendio
-Detergenti per la casa
-Tende, teli, teloni
-Insetticidi e pesticidi
-Filo interdentale

A causa di questo loro uso massiccio molto diffuso dall’industrializzazione del settore chimico, le molecole di PFAS sono ormai entrate nel ciclo alimentare di umani e animali.
Le mangiamo, le beviamo, le respiriamo, le indossiamo, ce le spalmiamo, ci dormiamo.
Come è facile dedurre, i PFAS oltre ad essere insidiosi sono anche invisibili, senza sapore e odore ed essendo piccolissimi hanno la prerogativa di farsi trasportare dal vento, quindi sono inalabili, possono depositarsi su qualsiasi suolo e sugli specchi d’acqua.
A questo si aggiungano tutte le attività industriali che utilizzando questi composti e scaricano i reflui di produzione nelle acque.