Positivo al Covid, "Ho avuto paura di non rivedere i miei cari"
Saluggese, classe 1974 e titolare di un’attività a Crescentino.
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Marco Demaria, saluggese, classe 1974 e titolare di un’attività commerciale a Crescentino, è una delle tante giovani persone risultate positive al Covid-19 in questa seconda ondata di pandemia.
Commerciante positivo al Covid
Marco Demaria, saluggese, classe 1974 e titolare di un’attività commerciale a Crescentino, è una delle tante giovani persone risultate positive al Covid-19 in questa seconda ondata di pandemia.
L'intervista
Come e quando ha scoperto di esser positivo?
«Sono crollato “come una pera matura” in 10 minuti, passando dallo stare bene ad avere febbre alta e molto freddo. Non ho mai avuto sintomi precedenti. Era giovedì 5 novembre alle 20 circa dopo una normalissima giornata di lavoro. Ho scoperto di esser positivo quando mercoledì 11 sono stato portato in ospedale con ambulanza: continuavo ad avere la febbre alta e la saturazione del sangue era scesa all’85%».
La sua esperienza in ospedale?
«Sono uscito di casa, ho salutato mia moglie, i miei figli e in quel momento mi sono domandato se li avrei rivisti! Nelle condizioni in cui versavo, sapevo che uscivo, ma non sapevo se sarei tornato… questa è stata la cosa più difficile da accettare. Arrivato a Chivasso mi hanno seduto su una sedia in attesa di fare tutti gli accertamenti necessari; sono anche svenuto, ma rimanendo sempre sulla sedia a rotelle. Una volta ricoverato mi hanno messo in uno stanzone con altre persone su lettini di fortuna divisi da un semplice separè. Iniziata la cura sono arrivati i primi segnali positivi: i medici mi hanno detto che devo ringraziare il fatto di non aver mai fumato e di aver sempre fatto sport, per questo i miei i polmoni hanno reagito bene; polmoni che lavoravano sempre al 100% anche quando ero a riposo. Il giorno successivo al mio ricovero, dato che le mie condizioni si erano stabilizzate, sono stato trasferito alla clinica eporediese… un viaggio eterno. Quella notte ho avuto la febbre a 40 nonostante la somministrazione dei medicinali».
Quali emozioni ha provato da quando è iniziata questa brutta avventura?
«Come dicevo prima, il distacco dalla famiglia è stato la cosa peggiore. Poi è subentrata una forza che mi ha permesso di appigliarmi a qualunque cosa e di non tornare indietro, ma solo e sempre migliorare… anche se erano piccoli miglioramenti. Poi con il tempo il pensiero è andato al lavoro essendo un libero professionista, alla paura di perdere clienti con tutte le conseguenze economiche… sappiamo tutti quali sono le aggravanti che dobbiamo sopportare noi aventi partita IVA».
Vuole spendere qualche parole per i medici, infermieri e tutto il personale che l'ha seguito e che ancora la segue?
«Ho trovato delle persone stupende che mi hanno accudito e curato, soprattutto ad Ivrea dove sono stato trasferito successivamente, Clinica Eporediese: lavorare vestiti come astronauti non è facile. Unica nota negativa è stata, penso un’infermiera, al Pronto Soccorso di Chivasso, che trattava malissimo le persone anziane e tu non avevi la forza di poterla contestare, ma osservavi tutto. Con cattiveria costringeva alcuni anziani di fronte a me a stare sdraiati… zitti ed immobili nonostante loro lamentassero dolori e freddo. Questa assenza di umanità in un operatore sanitario mi ha davvero colpito»!
Ora sta un po' meglio, cosa vorrebbe dire a quelle persone che negano l'esistenza del Covid19 e la vendono come una falsa?
«Purtroppo la malattia esiste e non è vero che sono tutte finzioni. Probabilmente questi pensieri derivano da una strumentalizzazione dei dati …ma la malattia esiste, è pericolosa, e bisogna fare molta attenzione soprattutto per le persone che hanno anche altre patologie».
Qual è la prima cosa che vorrà fare una volta che potrà uscire dalla clinica.
«Una volta uscito dalla clinica, sicuramente vorrò respirare a pieni polmoni l’aria che mi circonda, sedermi sui gradini di casa mia e apprezzare tutto quello che ho. Esperienze come questa ti cambiano, ti fanno apprezzare le cose più semplici e soprattutto ti fanno cambiare la prospettiva con cui vivi».