Sepolta in una tomba senza nome: qualcuno riconosce questa donna. Per più di un anno il suo corpo è rimasto in una cella delle camere mortuarie di Chivasso.
Sepolta in una tomba senza nome
Questa è la storia di una donna senza nome, o meglio, di una donna che nel suo peregrinare attraverso l’Italia si è creata una serie di identità sempre diverse. Tutte false.
Tutto ha inizio il 27 luglio del 2024, quando all’ospedale di Chivasso, dopo un breve ricovero, muore «una persona di sesso femminile» le cui generalità «dichiarate all’atto dell’ammissione sono successivamente risultate false». Per un anno il corpo di quella donna, dall’apparente età di 45 anni, è rimasto in una cella frigorifera delle camere mortuarie dell’ospedale, fino a quando, il 26 agosto di quest’anno, gli uffici di Palazzo Santa Chiara hanno riassunto questo giallo nella determina numero 642, con all’oggetto «Funerale di salma in stato di abbandono con oneri a carico dell’ente» affidato alla ditta «Varetto».
Quattro pagine, scritte in linguaggio burocratico, che rappresentano l’ultimo capitolo di una vicenda invece ancora tutta a scrivere.
Chi era quella donna? Chi è sepolta, in piena terra nel Cimitero di via Favorita, sotto una targhetta dorata con inciso «Persona sconosciuta, sesso femminile?».
Partendo da qui, da quella determina, abbiamo ricostruito quello che a tutti gli effetti è il viaggio di un «fantasma» attraverso l’Italia.

Qualcuno riconosce questa donna
Mondovì, Susa, Vercelli, Milano, Bologna, Taranto: fermata dalle forze dell’ordine, e in alcuni casi anche fotosegnalata, ha sempre dichiarato nomi diversi (Giovanna, Margherita, Elena, Valeria, Susanna, Manuela…) e di essere venuta al mondo ora in Italia, ora in Francia, ora in Svizzera. Anche la data di nascita era sempre differente, variabile tra il 1978 e il 1981, anche se a ripetersi maggiormente (pur con giorni diversi) è l’aprile del 1979. Un possibile indizio?
Al Pronto Soccorso di Chivasso era arrivata il 12 luglio 2024, presentandosi come Evelina Valle, classe 1979, di Trento, in condizioni «scadenti» sia dal punto di vista clinico che di quello igienico. Allontanatasi volontariamente dall’ospedale, era stata poi ritrovata e sottoposta ad una visita che ha rilevato una serie di problematiche molto serie, dal versamento pleurico al fegato ingrossato per la probabile presenza di metastasi.
Poi, due settimane dopo, la morte e l’inizio dell’iter per il riconoscimento «ufficiale» (come si può immaginare la donna non aveva con sé documenti).
I Carabinieri di Chivasso, al comando del Capitano Urbano Marrese, hanno cercato a lungo di identificare quel corpo, per non arrivare appunto ad una tomba senza nome, ma dopo 13 mesi (che sarebbero costati al Comune quasi 20 mila euro per la permanenza nelle camere mortuarie) non si poteva aspettare oltre.
A questo punto non si può che sperare nella massima diffusione della sua fotografia, sperando che qualcuno possa riconoscerla: un nome e cognome potrà infatti ridare dignità a una vita sicuramente difficile e vissuta ai margini.
Chiunque avesse informazioni, può contattare i Carabinieri di Chivasso.