Si squarcia fronte e braccia con una lametta in ospedale
La vicenda di un uomo di Chivasso che chiede aiuto.
Si squarcia fronte e braccia con una lametta in ospedale. Il protagonista della vicenda è Christian, nato e cresciuto a Chivasso.
Si squarcia fronte
«Non sono drogato e nemmeno matto, per questo dicono che non sanno come curarmi. Io chiedo solo di essere aiutato, non voglio morire a 46 anni. Perché l’alternativa, l’unica, è quella di uccidermi».
Christian, nato e cresciuto a Chivasso, ci viene incontro camminando, a passi lenti, nel piazzale del Pronto Soccorso di Chivasso.
Ha le braccia straziate da tagli (quelli a destra sono talmente profondi da rendere necessaria una fasciatura), anche la fronte mostra i segni di una ferita.
Il racconto
"Fino a sette anni fa - racconta - la mia era una vita normale. Un bel lavoro, una moglie, una figlia, due case di proprietà a Chivasso e in Romania, uno stipendio più che dignitoso. Mi ero ripreso, alla grande, dopo una caduta nel baratro della droga, quando ero molto giovane. Sono guarito, “graduandomi” alla fine del programma.
Poi, come detto, sette anni tutto è precipitato.
Mia moglie voleva fare il corso da Oss, ma non riusciva a studiare. Allora mi sono iscritto anche io, e frequentando i corsi, a Rivarolo, mi sono innamorato di una ragazza. E tutto è andato a rotoli".
"Mi stavo distruggendo"
"Ho capito che mi stavo di nuovo distruggendo e così ho bussato alla porta di una comunità, anche per scontare un residuo di pena legato a vecchi problemi. Doveva durare il tempo necessario a chiudere i miei conti con la Giustizia, poi ho chiesto di poter rimanere altri sei mesi, poi ancora altri sei. Ma era troppo dura.
Ho iniziato a “giocare” con il metadone, e ho chiesto aiuto al Cufrad di Sommariva del Bosco, a Cuneo: alle 23 chiusi dentro, senza luci e senza tv. Sono scappato. Ho passato due settimane in albergo e poi, finiti i soldi, venti giorni per strada a Torino.
Sono tornato a Chivasso, ma mia mamma aveva paura di me perché in passato mi ero dato anche fuoco. Due mesi in coma, altri sei in camera iperbarica. Mia mamma ha paura che le faccia del male.
Quando sono venuto la prima volta in ospedale ho detto di avere un’anca lesionata. Poi, la verità: “Sto male, ho bisogno di cure”. Mi hanno detto di andare al Sert, ma non essendo un drogato lì non possono fare nulla.
Io mi taglio le braccia, e la fronte, la lametta affonda nella carne come se tagliasse il burro. Poi mi sento in colpa, ma nel momento mi fa stare bene. Dicono che mento, che non sono nemmeno un caso da Igiene Mentale".
La richiesta d' aiuto
"La mia è una richiesta di aiuto. Mia mamma mi aiuta di giorno, ma di notte no. Dovesse capitare, per sbaglio, di ferirla, magari mentre cerca di impedirmi di tagliarmi, non me lo perdonerei mai.
Io sono anche un Oss: capisco i tagli e l’assenza di personale, ma io sto solo chiedendo aiuto. O mi ammazzo o faccio in modo di ricevere un Tso. Ci sono andato vicino qualche giorno fa, quando stavo sbattendo la testa contro un muro e un tizio mi ha detto di “provare contro uno spigolo”, che mi sarei fatto più male.
Poi mi sono tagliato, e un infermiere mi ha detto che “I graffi da gatto non li trattano”: vedendo quelle parole come una sfida, ho rotto una lametta da barba e mi sono squarciato il braccio. Sono arrivati i carabinieri, uno di loro mi ha parlato come un padre parla a un figlio e poi mi hanno fatto un’iniezione e mi sono addormentato" - dice il chivassese.
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