il ricordo

Strage di Brandizzo, «Beppe era un grande lavoratore»

Luca Prataviera ricorda l’amico a cui ha fatto conoscere il mondo Si.gi.fer: «Un’azienda che ha sempre rispettato le regole»

Strage di Brandizzo, «Beppe era un grande lavoratore»
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Su quei binari ferroviari, sino a pochi mesi fa c’era anche lui. Con quella squadra ha trascorso due anni indimenticabili della sua vita, persone che porterà sempre nel cuore. Riguarda le foto scattate in quelle sere, in quelle notti quando aspettavano il via libera per cominciare, quando sul mezzo raggiungevano la sede di lavoro. Ragazzi sorridenti, allegri consapevoli che era un lavoro faticoso e duro ma che insieme ce l’avrebbero fatta e non avrebbero sentito quel peso immane. Che si sarebbero sempre aiutati perché erano come una famiglia.

Strage di Brandizzo, l'ex dipendente Luca

Luca Patraviera quando lo incontriamo ha gli occhi pieni di lacrime ma una grande voglia di ricordare quei colleghi che oggi non ci sono più. Su quei binari avrebbe potuto esserci anche lui se un problema di salute non lo avesse allontanato dall’azienda alla fine del gennaio scorso.
«Su quel binario di Brandizzo io ho lavorato nel corso della mia terza notte – racconta Luca – Sono stato assunto in Si.gi.fer il 15 marzo del 2021. I primi due turni lì ho fatti tra Crescentino e Trino, il terzo nel luogo della tragedia. Voglio prima di tutto manifestare la vicinanza alle famiglie dei miei colleghi, perché per me erano tali anche se da più di otto mesi non lavoravo più in azienda. Voglio ringraziare Si.gi.fer e sottolineare la correttezza di questa azienda che non ha mai fatto mancare nulla a noi dipendenti. Franco Sirianni, il titolare, è stato il primo quando ho iniziato ad avere problemi di salute a dirmi di pensare a me stesso, alle mie condizioni fisiche e che quando sarei stato meglio sarei potuto rientrare con un contratto a tempo indeterminato. In questa azienda ho solo incontrato persone speciali, gente fantastica».

Luca ripercorre i tanti binari sui quali ha lavorato con  Andrea Girardin Gibin, il loro caposquadra: «Una persona corretta che ha sempre lavorato in piena sicurezza, che non ha mai fatto fare nulla di diverso rispetto a quello che gli veniva comunicato dal delegato scorta di Rfi. Non ci ha mai detto di andare sul binario prima dell’interruzione della linea».

«Beppe era un grande lavoratore»

Luca aveva un grande legame con ogni componente della squadra, ma con Giuseppe Aversa era qualcosa di unico. E si sente in colpa per quello che gli è accaduto, perché è stato lui a parlargli di quel lavoro, a fargli conoscere Si.gi.fer.
«Con Beppe ci conosciamo dal 5 agosto del 1993 – spiega Luca – quando ero stato trasferito con altri sei militari dalla Caserma Morelli di Popolo alla Centrale di Torino. Ero al settimo 93. Ero in coda e a un certo punto sento qualcuno che urla “Ehi Crescentino”. Una, due volte. Mi volto. Vedo Giuseppe ma in quel momento non capivo chi fosse. Lui invece si ricordava di me. Mi ha raccontato che ci eravamo conosciuti al Due di Cigliano e che addirittura una volta stavamo per arrivare alle mani. Da lì è nata la nostra amicizia. Abbiamo trascorso insieme il servizio di leva, anche se lui era più vecchio di me. Prima il suo congedo, poi il mio. Ci siamo sempre frequentati. Andavamo a ballare, si beveva una cosa insieme. All’epoca era diverso, non c’erano i cellulari ma ci si trovava sempre. Poi le strade si sono divise. Io sono andato a Tenerife, lui si era creato la sua vita qui. Lavorava come camionista, per quindici anni ha portato la calcestruzzo nei cantieri autostradali, lo ricordava sempre quando percorrevamo i tratti dove aveva operato. Prima ancora aveva svolto il lavoro per una ditta di logistica che trasportava alimenti nei supermercati da Tortona al Torinese e Genovese. Poi è entrato nel mondo Si.gi.fer. Come? Io ero rientrato in Italia. Avevo iniziato a lavorare a Ravenna dove abita la mia famiglia. Lì ho incontrati dei crescentinesi che lavoravano in questa azienda, mi avevano chiesto se ero interessato. In un primo momento no (mia mamma non era in ottime condizioni e non volevo lasciarla). Poi nel 2021 sono tornato a Crescentino e ho iniziato a lavorare. Con Beppe intanto mi ero ritrovato e, sapendo che si era licenziato, gli ho fatto conoscere il lavoro. Ed ecco che anche lui è entrato nel gruppo. Prima in un’altra squadra, poi nella mia. Un grande lavoratore, era contento perché riusciva a mantenere la sua famiglia. Lui viveva per la moglie e il figlio, per la mamma e la sorella. Oggi, se io non gli avessi fatto conoscere questa opportunità, lui sarebbe con noi».

Per Luca, Beppe era come un fratello. Gli voleva un gran bene. La sua voce è commossa. La sua mente torna indietro del tempo, sembra domandarsi come sarebbe ora la vita di Giuseppe se non fosse entrato in quel mondo. Eppure a Giuseppe quel lavoro serviva e lo faceva senza far pesare nulla a nessuno: «Era una persona buona. Stravedeva per la mamma e la sorella, per loro avrebbe fatto di tutto. Ha coronato il sogno del papà, morto anni fa, di vedere quella cascina di Borgo d’Ale rinascere. Mi mancherà tantissimo, ci saremmo dovuto vedere l’ultimo weekend di agosto ma poi non sono riuscito a tornare a Crescentino. Gli avevo detto che lo avrei fatto sabato scorso ma…».

Ora Luca ripensa all’ultima volta che si sono visti, alle ultime chiacchierate. Alle sue parole di sfogo. Beppe rimarrà sempre nel suo cuore così come gli altri ragazzi vittime di questo terribile incidente.

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