Tra ’ndrangheta e politica, ecco la «macchina» dei voti
Anche la malavita si prepara alle prossime elezioni amministrative: negarlo è impossibile.

Se nel 2011 «non sapevamo», e nel 2012 «non immaginavamo», ora non abbiamo più scuse: la ’ndrangheta deve assolutamente restare fuori dalla campagna elettorale per il rinnovo del Consiglio Comunale che guiderà la città nei prossimi cinque anni. Sarà facile? Assolutamente no.
Tra ’ndrangheta e politica, ecco la «macchina» dei voti
Come hanno scritto i giudici nelle migliaia di pagine che hanno raccontato la presenza della criminalità organizzata calabrese nel nostro territorio, bisogna dimenticare la vecchia «’ndrangheta», quella legata alla violenza più becera, e prestare la massima attenzione a quei nuovi personaggi rampanti che si muovono in SUV, tra locali e cantieri, esibendo una ricchezza che non ha radici.
E questi personaggi, come era facile prevedere, hanno iniziato a muoversi promettendo voti ed appoggi: a loro non interessano i programmi o gli ideali, ma «avere amici» anche in vista della pioggia di milioni di euro che arriverà (anche) a Chivasso grazie ai fondi del PNRR.
Onestamente, rispetto a quanto successo nel 2011, la parola d’ordine sembra essere discrezione, ma è anche vero che senza le carte della molto più recente «Platinum» nessuno avrebbe mai saputo dell’interesse di alcuni sodali all’esito delle elezioni del 2017. Interesse, ricordiamo, puramente economico...
La campagna elettorale è appena iniziata, è vero, ma i più attenti non hanno potuto non notare il ritorno in via Torino (con contestuali strette di mano ai candidati) di personaggi che da sempre si muovono nella cosiddetta «zona grigia», e i cui nomi sono finiti più volte nelle ordinanze legate alle operazioni contro la ‘ndrangheta.
Sempre sfiorati dagli inquirenti (anche se di alcuni ci sono veri capitoli) oggi come allora sono pronti a mettere sul piatto l’esercito di figli, fratelli e cugini in grado di favorire (se non di far eleggere) un consigliere comunale magari alla prima esperienza. Anche in questo caso i giudici lo hanno messo nero su bianco nelle motivazioni del processo «Geenna», sulle infiltrazioni in Valle d’Aosta: le cosche preferiscono puntare su «candidati sconosciuti» (e quindi più «gestibili» e «manovrabili» se eletti), in modo da «dimostrare quanti voti sono stati portati».
E di personaggi sbucati dal nulla e diventati re delle preferenze, c’è una ampia letteratura.
Attenzione alta
Da parte delle forze dell’ordine l’attenzione è massima, sia per la fase elettorale vera e propria che per quella, successiva, che porterà alla creazione della Giunta. Tornando a undici anni fa, sarebbe stata proprio in quella fase che sarebbe emersa la pressione della «locale» nei confronti del sindaco Gianni De Mori, poi travolto dagli eventi e portato alle dimissioni.
A questo punto, non possiamo che stare a guardare, ribadendo con forza come la guerra contro le infiltrazioni debba partire con la scelta dei candidati: una volta in corsa, fermare la macchina dei voti è praticamente impossibile.
Da segnalare, stando sempre a «radio portici», l’attività di «recupero crediti» portata freneticamente avanti nelle ultime settimane da imprenditori border line: e a cosa possono servire soldi freschi a poche settimane dal voto?