Tragedia di Capodanno, i genitori rischiano l'omicidio colposo per la morte del figlio
I carabinieri, cui era stata affidata l’indagine, avevano setacciato il campo rom ma il fucile non è mai stato trovato.
Rischiano l'omicidio colposo i genitori del ragazzino rom di 13 anni morto a Capodanno per un colpo di fucile come spiegano i colleghi de laNuovaProvincia.it.
13enne morto a Capodanno per un colpo di fucile
Era la notte di Capodanno quando un ragazzino di soli 13 anni, Airudin Seferovic, era giunto al Pronto soccorso di Asti in gravi condizioni. Il giovane era stato colpito da un proiettile di un fucile. A portarlo in ospedale era stato proprio il papà che disperato urlava “Me l’hanno sparato”.
Alla morte del giovane, seguì l’autopsia che rivelò che ad uccidere il ragazzino furono le gravissime lesioni provocate da un colpo di fucile calibro 12 sparato a breve distanza.
Le indagini
I carabinieri, cui era stata affidata l’indagine, avevano setacciato il campo rom ma il fucile non è mai stato trovato nè sono state raccolte testimonianze a carico di chi potrebbe aver sparato il colpo.
I genitori rischiamo l’omicidio colposo
I genitori ora sono accusati “concorso in omicidio colposo da omessa vigilanza di minorenne”.
Le indagini coordinate dal pm Greco con la supervisione del Procuratore dottor Perduca, hanno portato ad una conclusione che è contenuta nell’atto notificato a genitori di Airudin: il fucile era in mano a qualcun altro vicino al ragazzino, erano già stati sparati dei colpi in segno di saluto del nuovo anno e quel colpo sarebbe partito accidentalmente. La vittima era stata ferita gravemente all’addome quando si trovava intorno ad un braciere acceso per riscaldare un po’ la zona della festa all’aperto. Sconosciuto colui che sparò ma i genitori hanno la responsabilità di non aver vigilato sul loro figlio, l’ultimo di sedici. Sapevano che si trovava fuori dalla roulotte, non in loro presenza, in mezzo a persone armate e ubriache: una situazione di alto pericolo dalla quale dovevano proteggerlo riportandolo in una zona più sicura.
Per la Procura, con questo comportamento i genitori sono venuti meno al loro dovere di attenzione, vigilanza e protezione del minore esponendolo al rischio che si è tristemente verificato e lo ha portato alla morte.