Travolto dal treno a Torrazza: la tragedia di Simone Tomatis
Aveva 32 anni ed era originario di Crescentino
Ci sono tragedie difficili da raccontare, sia per la complessità degli eventi da cui sono nate che per l’immenso dolore che portano con sé. Sono da poco passate le 20.30 di mercoledì 11 settembre quando, alla Stazione Ferroviaria di Torrazza Piemonte, una sagoma scura appare davanti agli occhi del macchinista del treno partito alle 19,54 da Torino Porta Nuova e diretto a Milano Centrale. Un attimo. Impossibile frenare, impossibile rallentare in tempo la corsa del convoglio sui cui viaggiavano duecentocinquanta persone.
Travolto dal treno a Torrazza
Nel giro di pochi minuti per le strade di Torrazza iniziano a risuonare le sirene dell’ambulanza della Croce Rossa di Chivasso, con a bordo l’équipe medica del 118, e dei Vigili del Fuoco, intervenuti con più squadre da Chivasso, Torino, Livorno Ferraris.
Nei cuori di tutti la tragedia di Brandizzo, avvenuta poco più di un anno fa, una corsa contro il tempo ben sapendo che contro la forza di un treno sono bassissime le possibilità di salvarsi.
Così, purtroppo, è stato.
Identificare la vittima non è stato facile: sì, c’era una Ford Fiesta bianca parcheggiata nel piazzale, sì c’era un borsello con documenti e un telefono cellulare abbandonato su un davanzale della Stazione, ma impossibile essere certi.
Sul posto il primo ad arrivare, oltre al sindaco Massimo Rozzino e ai volontari del Comune che hanno allontanato i numerosi curiosi, è stato il Maresciallo Antonino Pane, della Stazione di Verolengo, in attesa degli agenti della Polizia Ferroviaria di Torino. Intanto, i 250 passeggeri hanno proseguito la propria corsa su cinque autobus sostitutivi messi a disposizione dalle Ferrovie.
La tragedia di Simone Tomatis
Solo intorno a mezzanotte, unendo i vari tasselli di questa storia, si è arrivati a dare un volto alla persona coinvolta nell’incidente: Simone Tomatis, 32 anni, ora residente a Susa ma originario di Crescentino, dove vive la madre Rosetta «Rosy» Cerrigone.
«Ci siamo visti alle due e mezza, a Verolengo - ci racconta Rosy - poi ci siamo salutati con l’idea di vederci ai “Gemelli” a Cavagnolo e poi a cena. Alle 20.20 mi ha mandato un messaggio, dicendo che aveva avuto un problema di salute (soffriva di colite, aveva perso moltissimo peso ed eravamo in attesa di un ricovero). Otto minuti dopo non c’era più. Mio figlio parlava quattro lingue, aveva girato il mondo, aveva studiato al “Michele Rua” e poi infermieristica. Ultimamente investiva in borsa. Non avrei mai pensato che sarebbe finita così. Spero che lui, dove è arrivato, abbia risolto i suoi problemi, lui ha sempre detto di non far parte di questo mondo. Era molto profondo, potevi parlare con lui di qualsiasi cosa, era “oltre”, e lo dicono tutti quelli che lo conoscevano. Io sono arrabbiata, perché per la vita è sacra, bisogna essere forti e andare avanti: ha lasciato un grande vuoto, le sue chiacchierate, anche di geopolitica. Era buono, educato, di una dolcezza incredibile e di una immensa generosità. Mi mancherà tantissimo. Sono devastata. Io ora voglio lottare perché non voglio che succeda questo ad un altro ragazzo. Spero che ora dall’alto ci guarderà, qualche segnale l’avrò».
I suoi funerali sono stati celebrati giovedì 19 settembre, alle 11, nella chiesa di San Domenico Savio in via Paisello a Torino, partendo alle 10 dall’ospedale di Chivasso.