SALUGGIA

Una vita tra bombe e tanta paura: Nadia racconta la «sua» Ucraina

La bimba del progetto Chernobyl è tornata in paese e riabbraccia la sua storica amica

Una vita tra bombe e tanta paura: Nadia racconta la «sua» Ucraina
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La foto del loro abbraccio dimostra quanto la distanza, il tempo che passa e anche una guerra assurda non possano scalfire uno splendido rapporto di amicizia. La storia di Anita e Nadia racconta di un’amicizia che supera ogni barriera, da quella culturale a quella della lingua.

La bimba di Chernobyl torna a Saluggia

Quando si sono conosciute erano due bimbe, Anita viveva nella sua bella e tranquilla Saluggia. Nadia, invece, aveva lasciato il suo paese natale, l’Ucraina, per trascorrere l’estate in Italia lontana da Chernobyl e dal disastro che la Russia viveva. E oggi, a vent’anni dal loro primo incontro, Anita e Nadia si sono riabbracciate. Non sono più due bambine, oggi sono due donne, due mogli, due mamme. E sono loro che, emozionate, raccontano la loro storia e Nadia ci racconta gli orrori della guerra.

L'intervista

Quando e come vi siete conosciute?

«Era metà degli Anni Novanta. Ai tempi il progetto Chernobyl permetteva ai bimbi ucraini di trascorrere ospiti in famiglie italiane un mesetto estivo. Ci eravamo conosciute così, ci capivamo senza parlare la stessa lingua, come i bambini sanno fare».

Vi siete mantenute in contatto in questi anni?

«Ai tempi i social non c'erano e così ci siamo perse, ma la relazione con la famiglia che l'aveva ospitata non si sono mai spenti. - racconta Anita - Poi con Facebook tutto è cambiato e così sono riuscita a rimettermi in contatto con lei e le sue sorelle. Ci siamo scritte ogni tanto».

Che emozioni avete provato nel vedervi?

«Qualche giorno prima del suo arrivo, mi aveva scritto dicendomi che sarebbe tornata in Italia ospite a casa della famiglia che l'aveva accolta quando era bambina, a Sant'Antonino. - racconta ancora Anita - Quando l'ho vista entrare in casa mia ci siamo abbracciate forte e siamo scoppiate in lacrime. Ero felicissima perché da quando è iniziata la guerra nella sua terra sono tanti i momenti in cui ho pensato a lei e alla sua famiglia. Insieme a lei c'erano i suoi due figli. Ed è stato emozionante... Ci eravamo lasciate bambine e ci siamo ritrovate donne e mamme».

Una vita tra bombe e tanta paura

Nadia ricorda molto bene le estati trascorse a Saluggia, della famiglia di Anita e della famiglia che la ospitava: «Con la famiglia che mi ha ospitato quando ero piccola ho stretto un legame molto forte, che va al di là dell'amicizia. Sono la mia seconda famiglia, persone dal cuore d'oro, che per tutta la mia vita mi hanno sostenuto e mi sostengono in tutto. Sono felice di avere una famiglia in Italia. Sono grata con tutto il mio cuore ucraino per l’inestimabile amore e sostegno che ricevo dalla mia famiglia italiana. Saluggia e Sant'Antonino sono per me posti meravigliosi, belli, tranquilli, affidabili. Un posto dove vivono belle persone, dove ho trovato amici che mi stanno accanto in un momento così difficile per noi».
Nadia è qui, ma la testa e il cuore sono nella sua terra. Il telefono spesso suona, sono le sirene che segnalano i bombardamenti. Qualche notte fa il telefono ha sempre suonato l'allarme, senza darle possibilità di dormire. Lei vive con la sua famiglia, il suo cane e il suo gatto al 21° piano di un palazzo a Vyshgorod, a pochi chilometri dal bacino idrico di Kyiv che vede dalla finestra. Viene costantemente attaccato da missili e droni perché vogliono distruggerlo.

«Ora la Russia sta cercando di distruggere la diga quindi siamo costantemente in pericolo, perché quando missili e i droni vengono sganciati, i detriti cadono sulle nostre case, sulle nostre auto, distruggendo tutto ciò che ci circonda. - racconta - Frequentemente non c'è corrente dunque non abbiamo la possibilità di cucinare il cibo. L’ascensore quindi non funziona.
Spesso manca l'acqua nei piani più alti e quindi stiamo raccogliendo fondi per poter comprare un autoclave per poter rimediare al problema». Dunque Nadia, ancora una volta rivolge un appello a questo territorio che le ha già dato tanto: «Se qualcuno vuole aiutarci, può donarci un piccolo contributo».

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