Teatro Gobetti, Anna Mazzamauro e Cristina Bugatty a San Mauro per la prima nazionale
Il video-invito di Anna Mazzamauro e Cristina Bugatty per l'atteso spettacolo di San Mauro Torinese, è una prima nazionale.
Teatro Gobetti, Anna Mazzamauro e Cristina Bugatty nella sala sanmaurese per la prima nazionale di "Belvedere".
Teatro Gobetti, la prima nazionale a San Mauro
Anna Mazzamauro e Cristina Bugatty al Gobetti. L’appuntamento è per questa sera, sabato 18 gennaio, alle 21.
Una terrazza, un belvedere, lenzuola stese all’aria e due donne che si nascondono, si incontrano e si scontrano tra le loro differenze e le fragilità dell’essere umano. “Belvedere - due donne per aria”, è il titolo dello spettacolo che debutterà a San Mauro, aprendo la tournée nazionale, dopo l’anteprima al teatro Erba di Torino.
Mesi di allestimenti sul palco di via Martiri della Libertà, per Mazzamauro, già madrina della stagione teatrale E20inscena, che firma la sua prima regia. Una commedia poetica, dove le emozioni hanno il sopravvento, la crescita umana e il percorso individuale prendono la scena, lo spettatore viene accompagnato in un viaggio introspettivo sulle differenze.
Il racconto
Santa, sembra essere uscita da una tela di Botero; Graziadio, invece, è una trans bellissima straziata e arricchita dalla sua duplice natura. Si incontrano e si scontrano in un prepotente bisogno di vivere come ordinaria, quella che agli altri sembra violazione. Accanto a loro, Beethoven (Sasà Calabrese), musicista sordo, che “sente” ogni risata, ogni pianto e li commenta con il suo unico compagno, il contrabbasso, mentre assiste alla loro escursione feroce che alla fine unirà quelle vite in un abbraccio.
«E’ il mio primo spettacolo, uno spettacolo sulle emozioni - spiega Mazzamauro -. Il teatro, del resto, deve dare emozioni alle persone e l’attore, un bravo attore, quando sale sul palco deve essere in grado di “provocarle”: sia nell’accezione del saperle offrire, sia in quella di produrle. E’ uno spettacolo che andrà a scoperchiare persone e creature, una bella sfida, coraggiosa». Un lavoro che nasce da un “sogno”, quello di Mazzamauro in un momento di solitudine e di riflessione: «Isolandomi sul mio belvedere - racconta - ho cominciato a riflettere sulla mia libertà, raggiungendo l’idea che questa condizione sta nella mia “tipicità atipica”, quella con l’alpha privativa greca. Ho sempre trasferito la mia tipicità verso un altro senso di bellezza, che non corrisponde all’essere magre, formose e con lo stacco di coscia che parte da sotto i lobi delle orecchie. La mia diversità è diventata la mia libertà, ed è quella che ognuno ricerca. Un’unica regola: basta non essere imbecilli, ma oggi l’imbecillità è quasi un cult».
L'incontro con Bugatty
Per mettere in scena una performance così complessa, l’incontro con Bugatty è stato fondamentale. Attrice trasgender, dall’interessante carriera, ha indossato i panni di Graziadio dando voce a un personaggio sensibile, che le ha permesso di raccontarsi con grande semplicità. «Quando ho conosciuto Anna, lo spettacolo era già scritto e il personaggio delineato - racconta -, ma ho avuto la possibilità di adattarlo per farmi sentire a mio agio in quel ruolo». «Del resto - aggiunge Mazzamauro -, la scrittura è il rapporto tra il corpo e la parola, un rapporto che deve essere cucito addosso all’attore».
Diversità e contrasti nella ricerca di una propria consapevolezza, la domanda è quindi spontanea: nella vita, come approcciarsi a situazioni discriminatorie? «Facendo sentire gli altri inferiori - rispondono all’unisono le due attrici -. Si arriva a sfidare la sorte pur di far capire le differenze. Quando si è atipici, il carattere diventa altrettanto. E’ una forma di scudo per affrontare la vita, ma quando si sale sul palco si alza il sipario e ognuno diventa un personaggio, diventa ciò che vorrebbe essere. E’ uno strumento terapeutico e tutti, almeno una volta, dovrebbero provare la sensazione di salire su un palcoscenico». «La bellezza è determinante, soprattutto in un ambiente come quello dello spettacolo, animato da stereotipi - conclude Bugatty -. Ogni persona vive e affronta un proprio dramma nella sua dimensione individuale, ma bisogna capire che le differenze vanno accettate perché rappresentano chi siamo, senza pensare all’effetto sugli altri. Oggi, invece, molte situazioni sono state “accettate” senza averle completamente “digerite”, è proprio questo il problema».
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