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Cassa integrazione e licenziamenti: novità dalla legge di Bilancio al decreto Sostegni

Se ne parlerà anche al dodicesimo Festival del Lavoro, che dal 28 al 29 aprile offrirà formazione e confronto per cogliere la sfida della ripresa

Cassa integrazione e licenziamenti: novità dalla legge di Bilancio al decreto Sostegni
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Anche in questo nostro terzo appuntamento mensile, sempre in balia della tempesta emergenziale e colorazioni assortite, siamo costretti ad occuparci primariamente di cassa integrazione e licenziamenti. 

Cassa integrazione e licenziamenti

Infatti, nell’ultima decade del mese di marzo, è entrato in vigore il Decreto Legge n. 41, altrimenti denominato “Sostegni” che, proseguendo nel solco dei provvedimenti pregressi connessi al contenimento degli effetti economicamente funesti della pandemia provocata da Covid-19, introduce ennesime misure in favore di imprese e operatori economici. 

Ciò nondimeno, al di là della matrice fisiologicamente correttiva comunque garantita dall’avvento del nuovo Esecutivo guidato da Mario Draghi, emerge l’esigenza del varo di un impianto legislativo che, per la prima volta, pur non potendo di certo prevedere l’evoluzione del panorama sanitario ma evidentemente confidando in un deciso cambio di passo della campagna vaccinale connaturato alla sua efficacia, abbraccia, in alcuni casi, un periodo temporale ben superiore ad analoghe normative precedenti e, in altri casi, pone una netta linea di confine tra i differenti settori produttivi. 

Una diversificazione che acquisisce il rango di manifesta se si raffrontano le modalità di proroga degli ammortizzatori sociali e soprattutto del blocco dei licenziamenti. 

Novità dalla legge di Bilancio al decreto Sostegni

Nello specifico la legge di Bilancio prevedeva anch’essa una tempistica di fruizione sfasata tra datori di lavoro che rientrano nel campo di applicazione della Cassa Integrazione Ordinaria e quelli che utilizzano il Fondo d’Integrazione Salariale e la Cassa Integrazione in Deroga, ossia dal 1° gennaio 2021 al 31 marzo 2021 per i primi e dal 1° gennaio 2021 al 30 giugno 2021 per i secondi, ma ad entrambi venivano concesse 12 settimane di trattamento generando sconcertanti scompensi chiaramente verso i secondi. 

Mario Draghi

Il già citato decreto legge n. 41 invece, assegna la possibilità per i datori di lavoro che rientrano nel campo di applicazione della Cassa Integrazione Ordinaria di disporre fino a 13 settimane da utilizzare nel periodo compreso tra il 1° aprile e il 30 giugno 2021 mentre per gli omologhi che utilizzano il Fondo d’Integrazione Salariale e la Cassa Integrazione in Deroga di disporre di 28 settimane da utilizzare nel periodo compreso tra il 1° aprile e il 31 dicembre 2021.

La quadratura del cerchio si ottiene richiamando l’ultima versione del contesto affine, quello che dall’inizio dell’emergenza procede a braccetto con le norme d’integrazione salariale nel tentativo di non far implodere socialmente il Paese e ci riferiamo al blocco dei licenziamenti. Se la legge di Bilancio unificava la globalità dei settori imprenditoriali nel comune divieto fissato al 31 marzo 2021, il decreto “Sostegni” estende l’impedimento fino al 30 giugno 2021 per i lavoratori delle aziende che dispongono di Cassa Integrazione Ordinaria e Cassa Integrazione Straordinaria e fino al 31 ottobre 2021 per i lavoratori delle aziende coperte da strumenti in deroga.

Cosa potrà accadere?

Calendario alla mano ne deriva che le aziende industriali potranno, ovviamente se necessario, rivedere i propri organici dal 1° luglio 2021, teoricamente dopo una prima metà dell’anno di cassa integrazione pressoché continuativa mentre le aziende degli altri settori, richiedendo interventi di sostegno permanenti, potranno coprire una frazione temporale sino alla metà del mese di ottobre tuttavia, se deterranno l’accortezza, potendoselo permettere, di interrompere il flusso delle sospensioni dal lavoro ponendo il personale occupato in ferie collettive per un paio di settimane a seguito di chiusura estiva, potranno trascinarsi sino alla data del 1° novembre 2021. 

Avviandoci a concludere, premesso un atto di fede incondizionato sull’eventualità ventilata dalle autorità competenti relativamente alla decrescita del contagio e il raggiungimento dell’immunità di gregge al termine dell’estate, risulta palese che le decisioni governative sono state intraprese confidando nella conferma dei dati attualmente in possesso. Sono rilevazioni che attestano una timida ripresa nelle attività prettamente produttive negli ultimi mesi, ancorché orientata alla preparazione delle scorte che serviranno quando la stessa ripresa sarà effettiva e bisognerà ricominciare a correre per competere sui mercati internazionali, a cui purtroppo si associano le proiezioni tutt’oggi angoscianti di settori, a titolo esemplificativo il commercio al dettaglio, i pubblici esercizi, l’offerta alberghiera, i quali, categorie praticamente immobili da oltre un anno e non a caso scese più volte in piazza, se non adeguatamente ancora supportati, saranno seriamente a rischio di chiusura. 

Le nuove disuguaglianze del mondo del lavoro

I dati divulgati dall’Istat il 4 marzo 2021 forniscono una prima stima delle ricadute sociali della pandemia che, riportando in 1 milione i nuovi poveri nel 2020, attestano come il Covid-19 abbia avuto un impatto durissimo sull’occupazione, con effetto fortemente penalizzante sul lavoro autonomo, su quello precario e a tempo determinato, che non hanno goduto dei provvedimenti di salvaguardia occupazionale ed economica riservati prevalentemente ai lavoratori dipendenti a tempo indeterminato, misure che di fatto non hanno distribuito gli effetti della crisi sull’intera platea degli occupati. 

Quella stessa crisi che ha colpito duramente tutto il mondo del lavoro evidenziando una profonda disparità di trattamento tra le categorie, disuguaglianza che ha penalizzato il mondo delle professioni autonome e liberali. 

La scelta di riservare i ristori previsti dai numerosi decreti del 2020 ai soli soggetti coinvolti nella chiusura delle attività, identificati in base ai codici Ateco prevalenti, si è basata su un modello superato, che ignora colpevolmente l’esistenza di una “economia del sapere”, che conta più di 1,4 milioni di liberi professionisti, di cui circa il 50% donne e che costituisce una componente fondamentale della realtà economica italiana; lavoratori della conoscenza a cui la legge, in nome della libera concorrenza, nega tutele in caso di malattia e diritti a una equa retribuzione. E’ solo per mezzo del decreto Sostegni, approvato a metà marzo 2021, che i liberi professionisti sono stati coinvolti nel meccanismo del fondo perduto, fino a oggi riservato alle imprese benché fosse da subito evidente l’esistenza di una sofferenza generalizzata del comparto, dimenticato dalle Istituzioni nell’inevitabile recessione scaturita dall’espandersi del Covid-19. 

Viviamo in tempi caratterizzati dalla velocità e dal cambiamento e l’idea dell’accelerazione descrive efficacemente cosa sta accadendo nel mondo “dei lavori”, dove disuguaglianze e iniquità si sono accentuate durante la pandemia, aumentando il disagio sociale e il risentimento tra le categorie. Rappresentano criticità che coinvolgono gran parte delle società del capitalismo avanzato ma che non possono essere trascurati, sia per i principi di uguaglianza che reggono il nostro impianto costituzionale ma, soprattutto, perché l’equità è condizione imprescindibile della convivenza democratica e della pace sociale.

Festival del Lavoro, al via la dodicesima edizione

Esuberi, licenziamenti, precarietà, nuove povertà. Ma anche innovazione, smart working e investimenti. E soprattutto formazione e nuove competenze. Il 2021 sarà un anno di enormi trasformazioni per il mercato del lavoro. Anche se i prossimi mesi saranno ancora molto faticosi: lo sblocco dei licenziamenti, l’esaurimento dei sussidi e degli ammortizzatori rischiano, infatti, di presentare tutto insieme il costo di una crisi che finora è stata tamponata dai ristori emergenziali. 

L’avanzamento, pur tra mille difficoltà, della campagna vaccinale contro il Covid insieme agli aiuti dal Recovery Fund fanno intravedere, per la prima volta da un anno a questa parte, uno spiraglio di luce. Quello delle competenze è un tema destinato ad essere sempre più centrale per un Paese che voglia porsi l’obiettivo di ripartire, uscendo da una logica di mero assistenzialismo e puntando ad una reale ripresa economica e produttiva. Lo è ancora di più per un’economia che, come la nostra, sconta da sempre un deficit strutturale di alcune competenze tecniche, strategiche nei processi di innovazione delle imprese. 

Una fragilità del sistema acuitasi con la crisi pandemica. Se da un lato, tuttavia, si è assistito ad un indebolimento della struttura ed efficacia dei percorsi formativi, dall’altro lato si è avviato un processo di alfabetizzazione digitale di massa, cui ha contribuito in misura rilevante proprio la scoperta e lo sdoganamento della “formazione a distanza”. Si apre ora la sfida delle nuove competenze. Il nostro sistema di politiche attive saprà farsi trovare pronto? 

La dodicesima edizione del Festival del Lavoro, promossa dal Consiglio Nazionale dell’Ordine dei Consulenti del lavoro e organizzata dalla sua Fondazione Studi, dal 28 al 29 aprile, avrà l’obiettivo di mettere a fuoco in che modo la crisi dell’ultimo anno può essere l’occasione per proiettare il mercato del lavoro italiano verso un orizzonte più dinamico e inclusivo allo stesso tempo. L’evento, interamente in digitale, offrirà molteplici momenti di confronto e di formazione per quanti vogliono cogliere la sfida della ripresa per riposizionarsi in un nuovo mondo del lavoro più tecnologicamente avanzato. 

(Dal sito del Festival del Lavoro 2021: www.festivaldellavoro.it)

Consulenti del Lavoro: chi sono

Il Consulente del Lavoro è una professione ordinistica che si occupa di amministrazione aziendale a 360°: dalla gestione delle risorse umane, alla pianificazione strategica dell’attività imprenditoriale, passando per la gestione di tutti gli adempimenti legati ai rapporti di lavoro ed alla fiscalità d’impresa. In linea con un mercato del lavoro moderno e flessibile, il Consulente del Lavoro negli ultimi anni ha conosciuto una grande espansione nell’esercizio delle sue funzioni, diventando un punto di riferimento indispensabile per le imprese e le persone nel dialogo con la pubblica amministrazione. 

Un piccolo esercito di 26.000 professionisti che danno lavoro a più di 70.000 dipendenti, amministrano 1 milione di aziende, elaborano oltre 7 milioni di cedolini per un monte retribuzioni di circa 100 milioni di euro all'anno e promuovono 100.000 tirocini l’anno.

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