INTERVISTE

Il Covid19 mette in crisi l’artigianato LE STORIE

I racconti di Anita Perolio, Veronica Santià e Cristina Donato.

Il Covid19 mette in crisi l’artigianato LE STORIE
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Il Covid19 ha cambiato la vita, o meglio il lavoro, degli artigiani, anche quelli di Saluggia. Tra loro c’è Anita Perolio, Veronica Santià e Cristina Donato.

Il Covid19 mette in crisi l’artigianato

Il Coronavirus ha cambiato la vita, o meglio il lavoro, degli artigiani, anche quelli di Saluggia. Tra loro c’è Anita Perolio, Veronica Santià e Cristina Donato. Tre mondi diversi quelli di queste giovani donne ma tutte trattano eccellenze, prodotti di grande qualità. Settori che però sono in crisi oggi, settori in difficoltà. Ecco come vivono loro quel maledetto virus.

Anita Perolio

«Quando l'emergenza è iniziata e sono stata obbligata a chiudere il laboratorio avevo alcuni lavori da portare a termine, quindi ho dedicato la prima parte della quarantena a queste commissioni che variavano da rilegature moderne a restauri di antichi manoscritti. Una volta terminati, ho impegnato le giornate alla parte più creativa, che ultimamente non avevo avuto modo di fare perché il tempo era dedicato alle committenze, ovvero la marmorizzazione della carta e della stoffa (tecnica di decorazione della carta/stoffa mediante colori in sospensione sull'acqua). Nel periodo che stiamo vivendo, costrizioni e regole hanno cambiato l'attuale quotidianità, tornare a creare non è così semplice, ma in opposizione al rigore di questi giorni ho lasciato che l'istinto e i colori dominassero il tempo. Marmorizzare rende liberi. Liberi di essere in qualsiasi posto, di lasciare scorrere i pensieri e di perdersi tra i colori che danzano sull'acqua.

Ho sempre detto che la scelta che 7 anni fa mi ha portato ad aprire la mia attività la rifarei mille volte e aprire le porte del laboratorio ogni giorno è tra le cose che più mi rende felice. Non vedo l'ora di poterlo fare nuovamente e riprendere le redini di lavori importanti come quelli per la biblioteca l'Università di Torino e soddisfare le esigenze dei miei clienti. Nel frattempo riordino le idee e il laboratorio che sempre sottosopra. Mi ritengo fortunata perché avendo il laboratorio dove vivo ha reso la quarantena sicuramente più dolce e meno vincolante».

Veronica Santià

«Io ho l’attività di incisione e personalizzazione con macchine stampa e laser da 4 anni. Il mio lavoro da marzo a settembre si rivolge al mondo del wedding, delle cerimonie come battesimi, comunioni ecc (bomboniere, articoli personalizzati per la decorazione a tema ecc..). Quest’anno tutte le cerimonie, come sta accadendo, si annullano e rinviano a date da destinarsi; in sostanza l’incasso è zero per quel che riguarda quel genere di oggettistica. Questi mesi sono e saranno duri da affrontare, senza contare l’incertezza che c’è sull’eventuale organizzazione delle fiere di settore previste da settembre 2020 a cui partecipo come realtà artigiana per pubblicizzare quello che realizzo. No fiere, no pubblico, no vendita: in breve. Mi rendo conto che prima c’è la salute, prima si trova un vaccino e prima il Paese può ripartire. Siamo nelle mani dei ricercatori. Io al momento punto sulla vendita di altra oggettistica che creo in laboratorio che non riguarda il mondo del wedding, e sto ampliando i canali social e del web marketing per dargli maggiore visibilità. Questo è un ulteriore costo ma l’ho ritengo necessario per tenere in vita la mia attività oggi».

Cristina Donato

«Mi occupo di creazione artistiche artigianali di capi di abbigliamento di alta sartoria ma anche di  Biancheria e Tessuti per la Casa, calzature fatte a mano e molto altro. Quando il Presidente del Consiglio dei Ministri Giuseppe Conte ha bloccato le attività anche la mia si è dovuta fermare. Un paradosso perché io ormai da tempo mi sono dedicata alla vendita online dei miei prodotti peccato però che tra i codici Ateco non autorizzati c’era quello del mio laboratorio, così ho dovuto sospendere anche le vendite su internet nonostante fossero lecite. Secondo il mio punto di vista, non dovevano essere bloccati i codici Ateco ma bloccate quelle attività che non operavano in sicurezza. Io, ad esempio, lavoro da sola nel mio laboratorio dove praticamente non ricevo nessun cliente perché, appunto, principalmente vendo su internet. Chi viene da me, lo fa comunque su appuntamento perciò in questo periodo di lockdown gli avrei sospesi continuando ad operare, a creare le mie collezioni. Fortunatamente da lunedì scorso sono ripartita con tutte le accortezze del caso anche se, ripeto, non ho un pubblico a cui aprire. Ho però comprato il termometro, i guanti, mascherine e disinfettante. Il periodo di fermo mi è servito per seguire dei corsi, webinar. Quello che si è rafforzata è la continuazione di voler procedere sulla strada delle vendite online, soprattutto perché è diventata un’esigenza. Non facile nel caso del mio prodotto perché va compreso però vedo che sui canali social, soprattutto Instagram sta dando i suoi frutti: ho creato la mia piccola comunità. Il lockdown mi ha ha bloccato le ali proprio nel momento in cui la mia attività stava spiccando il volo. E i 600 euro sono stata fortunata a riceverli subito ma li ho spesi anche velocemente per coprire delle spese. Sono amareggiata perché in queste settimane di fermo avrei potuto far tanto, avviare la mia nuova collezione ma invece non mi è stato possibile. Non ho potuto trascorrere il mio tempo in quel laboratorio che per me è come un figlio. Ed è la mia unica fonte di reddito».

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