Le Case di Comunità, finanziate dal PNRR, rappresentano un’opportunità cruciale per il futuro della sanità di prossimità in Italia. L’obiettivo è chiaro: creare strutture che avvicinino i servizi sanitari ai cittadini, riducendo le disuguaglianze e offrendo risposte più rapide ai bisogni di salute.
Case di Comunità, la critica
Tuttavia, come evidenziato da Marco Riva Cambrino in queste dichiarazioni, l’entusiasmo per la costruzione della Casa di Comunità a Chivasso è affiancato da un forte timore: che queste strutture si rivelino delle “scatole vuote”. Il rischio è che, senza un adeguato investimento in personale e una vera integrazione tra ospedale e territorio, questi nuovi edifici non riescano a soddisfare le aspettative, replicando i problemi già visti in altre realtà piemontesi.
La critica di Riva Cambrino non si limita a Chivasso, ma si estende al Piano Socio-Sanitario Regionale 2025-2030, ritenuto debole proprio su questi due punti cruciali. L’appello è chiaro: la Regione deve intervenire con una programmazione seria e partecipata per garantire che la Casa di Comunità di Chivasso diventi un vero “presidio di salute e giustizia sociale”, e non l’ennesima occasione mancata.
Le parole di Riva Cambrino
Il socialista chivassese spiea:
La Casa di Comunità prevista a Chivasso è presentata come uno dei tasselli fondamentali del nuovo modello di sanità di prossimità. Un’infrastruttura finanziata con risorse del PNRR, pensata per avvicinare i servizi al cittadino, ridurre le disuguaglianze territoriali e dare risposte più rapide e umane ai bisogni di salute. Ma, guardando a ciò che sta accadendo in altre realtà piemontesi, cresce il timore che si tratti di un’occasione mancata: senza un serio investimento sul personale e senza una reale integrazione tra ospedale, territorio e servizi sociali, queste strutture rischiano di rimanere scatole vuote.
Il Piano Socio-Sanitario Regionale 2025-2030, recentemente presentato, promette un potenziamento della sanità territoriale, ma resta debole su due punti cruciali:
Il personale: nessun piano straordinario di assunzioni per colmare i vuoti lasciati da pensionamenti e fughe verso il privato;
L’integrazione: nessuna strategia chiara per mettere in rete Case di Comunità, medici di medicina generale, guardie mediche, infermieri di famiglia e servizi sociali comunali.
A Biella, Ivrea e Pinerolo, dove alcune Case della Salute (precursori delle Case di Comunità) sono operative da tempo, il problema è lo stesso: locali ristrutturati e attrezzature nuove, ma organici insufficienti per coprire turni e garantire servizi continui. Il risultato è che il cittadino si trova in un bel edificio, ma deve comunque percorrere chilometri per avere un esame, una visita o un consulto urgente.
Se la Regione non interviene subito, il rischio è replicare a Chivasso lo stesso copione. Non basta “fare i muri” e poi tagliare il nastro: serve programmazione seria e partecipata, con il coinvolgimento di operatori sanitari, amministratori locali e cittadini, e con un vincolo preciso sul potenziamento dell’organico.
Come socialista, difendo una sanità pubblica, universale, gratuita e di qualità. Questo non significa moltiplicare le sedi, ma garantire un modello realmente territoriale, capace di intercettare i bisogni prima che diventino emergenze. Vuol dire avere infermieri di famiglia che conoscano le persone, medici che possano dedicare tempo alla prevenzione, servizi sociali in grado di intervenire prima del collasso.
Per questo chiedo che il Comune di Chivasso, insieme ai Comuni del Distretto, si attivi non solo per rispettare i tempi di realizzazione della Casa di Comunità, ma anche per rivendicare con forza in Regione l’assegnazione del personale necessario. E propongo che, quando l’opera sarà inaugurata, venga intitolata a Gino Strada e Teresa Sarti, simboli di un’idea di sanità fondata sulla dignità umana, sull’universalità delle cure e sulla solidarietà.
Solo così la Casa di Comunità di Chivasso potrà essere davvero un presidio di salute e giustizia sociale, e non l’ennesima incompiuta