chivasso sotto choc

Omicidio di Pratoregio, il quartiere racconta la «sua» Giusy e chiede giustizia

In via Togliatti i vicini sconvolti: "Hanno ucciso una bambina".

Omicidio di Pratoregio, il quartiere racconta la «sua» Giusy e chiede giustizia
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«Hanno ammazzato una bambina, Giusy era buona, amava i suoi cani e gatti. Cantava la rabbia di una donna a cui la vita non ha risparmiato nulla». A quasi una settimana dall’omicidio  di Giusy Arena il Borgo Sud-Est a Chivasso, quartiere dove abitava, è ancora sotto choc. Incredulo. Un omicidio efferato che scuote le coscienze.

Il quartiere racconta la «sua» Giusy e chiede giustizia

Gli abitanti del quartiere sopraffatti da telecamere e microfoni i residenti raccontano questa donna.  Ognuno con qualche aneddoto. Tutti concordi nel dire che era una buona, schiva ma che mai avrebbe fatto del male a qualcuno. Cantava, sì, era strana, arrabbiata, ma anche dolce. Mentre una gazzella dei carabinieri circola in mezzo ai palazzi fra giornalisti e telecamere, spunta un microfono. Più di uno si fa avanti per vivere il suo attimo di gloria. Taccuino e macchina fotografica non spaventano anche se qualcuno ora comincia a dire: «Non parlo perché sapete dopo l’intervista che ho rilasciato l’altro giorno i militari si sono presentati a casa mia per chiedere chiarimenti». Uno degli abitanti storici della Coppina chiacchiera volentieri con noi, ma non vuole foto e neanche che mettiamo il suo nome, ci dice: «Preferisco così, però non ho problemi a parlarvi di Giusy. Qui la conoscevamo tutti. In fondo era una timida anche se a sentirla cantare a squarciagola non lo si sarebbe detto. Quando noi del quartiere organizzavamo la costinata tutti insieme lei non partecipava. Mi ricordo che una volta i miei figli l’hanno aiutata a liberare un suo gattino che era rimasto incastrato in cantina, lei dopo qualche ora si è presentata a casa mia, con un sacchetto di ceci. Ha voluto regalarceli perché i miei figli l’avevano aiutata».

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I ricordi

Domenico, pensionato racconta: «Era una donna diffidente, ma brava davvero. Una volta io e mia moglie volevamo regalarle una confezione di marmellata fatta da noi, ma lei non l’ha presa diceva che aveva paura di venire avvelenata. Era fatta così. Ma proprio non capisco chi abbia avuto il coraggio di spararle». Angela con le lacrime agli occhi si aggira attorno all’alloggio dove abitava Giusy: «Ancora non ci posso credere, io sì la conoscevo non benissimo, ma la salutavo e ogni tanto le dicevo “ma perché stai sempre a cantare”? Lei sorrideva e mi salutava».
Porzia, Patrizia, Fortunato Antonio, Lorenzo e Bruno concordano nel dire: «Aveva un animo buono, amava i cani e gatti li trattava come dei figli. Quei figli che lei sosteneva gli fossero stati portati via. Vaneggiava su due gemelli. Ma noi non sappiamo di più».
Non sanno se andasse o meno d’accordo con il fratello: «Qui lo si è visto solo qualche volta, ma del resto Giusy era talmente diffidente che non faceva entrare in casa nemmeno la madre».
Da circa vent’anni abitava nel quartiere. Un pensionato a passeggio con i nipotini ricorda quando per un certo periodo ha lavorato insieme a lui all’Imprevib: «Ma non ce la faceva a stare in fabbrica». Viveva più che altro di carità, chi gli regalava una cosa, chi un’altra. Raccoglieva vecchi peluche e giocattoli, racconta una mamma: «Diceva che li portava ai nipoti, ma sinceramente non so nulla di più».
Porzia quasi commossa ci dice: «Vedete questo prato era sempre pieno di colombi da quando Giusy non c’è più se ne sono andati. Lei gli dava sempre il pane da mangiare». Si arrabbiano sulle tante storie che stanno venendo fuori in questi giorni: «La metà delle cose che dicono di lei non sono vere. Io mi sento di dire che era una ragazza perfetta. Mai una parola con noi del quartiere. Mi auguro che prendano presto il suo o i suoi assassini». Conclude un papà: «Giusy non si lasciava mettere i piedi in testa se qualcuno le dava fastidio si difendeva, sinceramente non credo che sia andata da sola in quel posto a Pratoregio, non passava di certo di lì per andare a Montanaro».

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